“Ci vediamo a settembre” è una grande bugia. Seconda solo a “non sei tu, sono io.” Rimandare tutto al domani è una straordinaria forma di autoindulgenza tutta italiana. Se il domani è fra tre mesi, meglio. Qualcuno va direttamente a gennaio.
Precoci e metodici iniziamo da bambini: un'ora di studio al giorno tutta estate? Eresia! 24 ore di compiti al giorno dal 5 al 10 settembre? Splendido. Le pagine ondulate di lacrime e ghiacciolo. (Se è al gusto anice, le lacrime le causa lui).
La “prima di settembre” è una prova di resilienza, militaresca. Si mangia tanta verdura, si sollevano tanti pesi, si tagliano fili ai polsi e ponti con il passato. L'inizio di una nuova era che dura dieci giorni, week-end esclusi. (Il contratto è part-time).
Dall'oggi al domani, ma meglio se dopodomani.
Non credo agli stravolgimenti repentini, li vedo una reazione a contrasto, come tingersi i capelli dopo una rottura. (Chi non lo fa, ritorna con l'ex). Credo, invece, nella moderazione. Il lunedì corsetta, il martedì bignè - non dieci - ma uno, buono, sì.
Un anno fa a proposito scrivevo: “Se la via di mezzo esiste ci parcheggerei in strisce bianche, che a fare il cambio vita son bravi in pochi e l’imprecisione di un 80/20 è spesso chiave di successo.”
Lo penso ancora? Sì. Ho imparato a parcheggiare? Ni. Ma a questo ci penserò a settembre.



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